1. Ciao Alessio inizio con il domandarti chi è Alessio Filisdeo “persona” e non “autore”?
Al
di là del mio essere autore, credo di potermi definire una persona
simile a molte altre. Ho i miei sogni nel cassetto, le mie ambizioni
e le mie preoccupazioni.
Cerco
di destreggiarmi come posso tra la passione per la scrittura e alcuni
lavoretti che mi permettano nel concreto di tirare avanti. Mi impegno
sempre al meglio delle mie capacità e, quando qualcosa non va per il
verso giusto, preferisco prenderla con ironia, o filosofia, per così
dire, piuttosto che infuriarmi.
Sono
anche un voracissimo lettore, un grande fan del Cinema e un discreto
giocatore di videogames.
2.
Quando è nata la tua passione per la scrittura? Hai altri sogni nel
cassetto?
Penso
di essermi avvicinato alla scrittura quando aveva circa quattordici
anni, cominciando a impegnarmi nel concreto verso i sedici. Allora,
come tanti altri autori e autrici, scrivevo per me stesso:
classicissime storie fantasy, o ben più eccentrici racconti a base
di supereroi e supercattivi.
I
miei genitori erano in uso a regalarmi un libro a ogni compleanno, e
se da bambino la cosa poteva risultare frustrante, crescendo mi sono
reso conto di quanto questo abbia influito sul mio amore per la
narrativa.
Il
mio sogno nel cassetto è semplicemente quello di continuare a
scrivere, magari a tempo pieno. Raccontare storie, metterle su carta,
mi rende realmente felice, e penso sia magnifico potersi impegnare in
un lavoro che ci fa alzare tutte le mattine col sorriso sulle labbra.
3.
Com’è nata l’idea di questo romanzo? Descrivici in poche righe
la tua visione di due dei suoi personaggi, cioè Nik e la
Cacciatrice.
Il
risveglio della Cacciatrice
è un romanzo di genere Urban Fantasy a base di dannati, pupe e
pallottole. L’idea era di capovolgere alcuni stereotipi, di
prenderli in giro, e di giocare con essi così come avevo già fatto
in parte in Una
notte di ordinaria follia
e Le
follie del vampiro Nik.
Ci
sono elementi splatter, horror e mystery, il tutto condito da una
costante (auto)ironia nerissima e un senso del grottesco.
I
due protagonisti rispecchiano appieno questi elementi.
Nik
è un vampiro completamente pazzo, una sorta di psicopatico
megalomane dal grilletto facile privo persino del più basilare
concetto di moralità. È un non morto figlio degli anni Ottanta che
si gode la sua immortalità incurante del prossimo, delle regole e
della società che lo circonda.
Amanda
Prince è, al contrario, una giovane cacciatrice dell’Ordine
Templare, una vera e propria ammazzavampiri di professione. Ha alle
spalle un passato non sempre piacevole, e davanti un futuro quanto
mai problematico. A una prima occhiata potrebbe sembrare cinica ed
esageratamente irriverente, ma sotto sotto possiede un animo
romantico, quella scintilla di speranza che nonostante il mestiere
che si è scelto (sempre che non sia stato il mestiere a scegliere
lei) continua ad ardere in lei.
Entrambi
questi personaggi, diametralmente opposti, rappresentano a modo loro
le facce di una stessa medaglia, e più la storia si dipana più le
differenze cominciano a farsi labili.
Del
resto chi l’ha detto che deve essere sempre l’eroe positivo a
redimere il cattivo? E se, per una volta, fosse il cattivo a
convertire l’eroe? Sempre che si abbia piena coscienza di chi sia
realmente chi…
4.
A quale dei personaggi dei tuoi libri sei più legato?
Il
vampiro Nik è stato, e lo è ancora, certamente uno dei personaggi
più divertenti da scrivere. Mi ha tenuto lungamente compagnia
facendomi sorridere spesso e volentieri.
Ci
sono tuttavia molti altri personaggi a cui mi sento legato,
personaggi e storie che ancora non hanno trovato pubblicazione, ma
che rimangono saldamente ancorati ai miei ricordi: un cavaliere
errante smarrito sull’isola di Avalon; una coppia di eleganti
assassini nel bel mezzo delle Guerre Napoleoniche; una compagnia di
individui dalle capacità fuori dal comune durante l’Epoca
Vittoriana. E ancora i Sette Fratelli Antichi: le creature più
terribili e affascinanti sulle quali ho basato gran parte della
mitologia alla base dei miei racconti.
Come
un padre, sono legato a tutti loro, finanche ai più malvagi e
odiosi.
5.
Quale invece pensi di somigli di più, magari caratterialmente?
Io
e Nik abbiamo parecchie cose in comune, o almeno ce le avremmo se
fossi anch’io un sanguinario non morto dedito all’uso smodato di
alcol e droghe. Tra tutti i miei personaggi, è lui che sento più
vicino al mio (ideale e liberatorio) modo di essere.
Tuttavia,
come ripeto sempre in questi casi, c’è un po’ di me in tutte le
mie creature di fantasia, da quelle più romantiche a quelle più
spregevoli.
6.
Adesso raccontaci quali sono state le difficoltà che hai riscontrato
nella stesura dei tuoi libri.
Scrivere
un libro, lungo o corto che sia, è sempre una sfida non
indifferente.
Tempo
e umore sono gli ostacoli più grandi da superare durante una
stesura.
Spesse
volte mi è capitato di partire con le migliori intenzioni e tutta la
buona volontà di questo mondo, salvo “arenarmi” su alcuni
capitoli anche per svariate settimane.
E
poi c’è il finale: non so dire se sia solo una mia particolarità,
ma ho notato che più mi avvicino alla fine di un libro più le mie
energie vengono meno. Quando finalmente posiziono l’ultimo punto mi
sento stremato. Non triste, o felice, oppure soddisfatto, ma
semplicemente stanco.
7.
Solitamente, quando e dove scrivi?
Scrivo
quasi tutti i giorni, almeno cinque nell’arco di una settimana,
solitamente per due o tre ore. Talvolta, in base agli impegni, posso
arrivare anche a sei o sette ore filate, ma è abbastanza raro,
ormai.
Lavoro
al mio portatile, nella mia stanzetta: c’è silenzio, quasi sempre,
è un’altissima libreria di legno che arriva fino al soffitto e
contribuisce a creare la giusta atmosfera.
8.
Raccontaci che tipo di scrittore sei. Ti fai guidare dall’istinto o
magari segui uno schema ben preciso?
Istintivo,
assolutamente.
Ho
provato e riprovato a creare schemi, scalette, grafici o quant’altro,
ma alla fine pur avendoli sotto gli occhi non li seguo mai.
Può
sembrare un metodo caotico e confusionario, e forse anche più
tedioso di quanto dovrebbe, ma sono un tipo che aspetta l’ispirazione
del momento, che prende decisioni in base al sopraggiungere di
un’idea improvvisa.
Questo
significa per l’appunto che a volte sono quasi costretto a fermarmi
per giorni, o settimane, ma preferisco così piuttosto che scrivere
in modalità pilota automatico.
9.
Un libro che ha avuto una grande influenza sulla tua vita?
Direi
Il
conte di Montecristo.
Sono passati tanti anni da quando l’ho letto, e forse suonerà un
po’ banale, o sciocco, ma davvero è un romanzo che insegna
tantissimo, tanto da un punto di vista letterario quanto da un punto
di vista umano.
10.
Uno scrittore che consideri il tuo idolo?
Ce
ne sono tantissimi. Potrei elencarne per pagine e farne una
classifica in base al genere.
Se
proprio dovessi sceglierne uno soltanto nominerei Stephen
King:
non è assolutamente il mio scrittore preferito, e non sempre
apprezzo ogni sui singolo lavoro, ma è un autore incredibilmente
appassionato e carismatico che come e più di altri ha dato vita a
capolavori indimenticabili, veri e propri cult che sono entrati
nell’immaginario collettivo.
11.
Quali emozioni provi nel vedere i tuoi romanzi pubblicati e nel
leggere le varie recensioni (nel bene e nel male)?
È
sicuramente una grande emozione, la consapevolezza che i frutti del
tuo lavoro possano essere condivisi e apprezzati (o meno) da altri.
Provo orgoglio, piacere, e gratificazione personale, almeno
nell’immediato. Poi sopraggiungere l’insoddisfazione, perché noi
scrittori abbiamo sempre la cattiva abitudine di guardare avanti, di
non fermarci, di cercare di più. Puntiamo costantemente alla
prossima pubblicazione, al prossimo libro, al prossimo riconoscimento
e così via.
Può
essere una sensazione molto frustrante, a volte: non riuscire a
godersi pienamente il momento.
12.
La citazione per te più bella letta in un romanzo?
Il
pensiero finale che Edmond
Dantès,
ne Il
conte di Montecristo,
rivolge ai suoi amici tramite una lettera. Lui parla di molte cose,
anche di quelle terribili che gli sono accadute, ma conclude con un
meraviglioso: Vivete
dunque, e siate felici, poiché fino al giorno in cui Dio non si
degnerà a svelare i segreti dell’avvenire, tutta la più alta
sapienza dell’Uomo starà in queste due parole: “Attendere e
sperare!”.
13.
Quali caratteristiche deve avere secondo te un buon fantasy?
La
prima cosa, la più ovvia, è quella che deve essere scritto bene,
perché è la “voce” dell’autore a guidare l’immaginazione
del lettore.
L’originalità
aiuta senz’altro, ma non è essenziale: tanti stereotipi funzionano
ancora ottimamente proprio perché raccontati in maniera degna.
Per
il resto, sono soprattutto i personaggi a fare di una buona storia
una storia indimenticabile. È su di loro che si devono investire le
energie, sulla loro caratterizzazione e la loro profondità. Creare
delle “figurine” usa e getta è sempre una pessima idea, e vale
tanto per gli eroi quanto per gli antagonisti.
14.
Hai intenzione di scrivere altri libri in futuro? Rimarrai sul
Fantasy o proverai a cambiare genere e a cimentarti in una nuova
avventura?
In
realtà ho già scritto altri libri, prevalentemente di genere
gotico, ambientati durante il XIX secolo. Purtroppo non sono stati
ancora editi, ma spero di rimediare in un prossimo futuro.
Ho
in programma un altro paio di avventure (sempre autonome, se non
proprio autoconclusive) riguardanti il vampiro Nik, e un progetto
molto ambizioso di genere Fantasy/Steampunk che da anni torna
puntualmente a solleticarmi la mente.
15.
Adesso concludo chiedendoti se hai dei consigli da dare a tutti gli
aspiranti scrittori che proprio come te vogliono intraprendere questa
strada.
Mi
risulta difficile esprimere la mia opinione in merito senza dire cose
che non sembrino frasi fatte, sentite e risentite. La verità è che
prima ancora di cimentarsi nel mestiere dello scrittore, bisogna
impegnarsi in quello di lettore. Leggere, leggere e ancora leggere.
Tantissimo, sempre.
È
un settore molto duro, questo, inutile girarci intorno. I tempi bui
sono costantemente dietro l’angolo, e arrivare alla pubblicazione
non significa automaticamente “avercela fatta”, anzi.
Occorre
impegno, dedizione, entusiasmo e passione, soprattutto passione,
perché senza di essa è inevitabile arrendersi.
Con
questo non voglio assolutamente demoralizzare chi vorrà imbarcarsi
in questa sfida, ma bisogna rendersi conto che una volta accettata
non esistono mezze misure: o ci metti tutto te stesso, o è meglio
non cominciare neppure. È necessario scommettere sulle proprie
capacità, sul proprio futuro, e spesso mandare giù bocconi molti
amari.
Se
si è pronti ad affrontare tutto ciò, le soddisfazioni arriveranno
senza dubbio!
Allora miei cari lettori,approfitto per ringraziare Alessio Filisdeo per avermi dedicato il suo tempo è stato un piacere conoscere qualcosa in più dell'autore che ha creato il Vampiro Nik,personaggio che adoro ufficialmente e che consiglio a tutti di conoscere :)
Alla prossima intervista readers :)
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